chiaro, semplice e preciso

Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite: proprio per questo, diceva un filosofo, gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie. Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori. È un maleducato, se parla in privato e da privato. È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo. Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire.

Tullio De Mauro

Il maiale dalla forte volontà, ovvero celodurismo animale

Notizia di oggi sul Corriere online: Cina, clonato il maiale eroe del terremoto.

Semplicemente al povero maiale sopravvissuto per 36 giorni al terremoto in Cina, senza acqua né cibo, è toccato di subirne un’altra. Alcuni scienziati cinesi dell’istituto di genetica di Shenzhen hanno deciso di clonarlo.  Per premiarlo, certamente, e soprattutto per conservare il segreto che si nasconde nei suoi geni e che gli ha ha permesso di sopravvivere in condizioni tanto sfortunate.

Al povero maiale sessantenne non è sembrato vero. Evirato in gioventù, alla proposta di una delicata operazione di ricostruzione lui ha subito detto di si e grazie alla sua incredibile voglia di vivere ha superato l’operazione. Non solo, ma si è anche dato da fare e ha da poco procreato 6 bei maialini. Tutti con una voglia tra gli occhi, proprio come lui. Incredibile, no?

Incredibile sarebbe, se questo fosse la vera storia del maialino cinese. La realtà però non è esattamente questa. Il maiale è stato in effetti clonato, il che vuol dire che gli scienziati hanno usato il patrimonio genetico delle sue cellule per “produrre” i sei maialini. Produzione, dunque, non riproduzione.

Il giornalista del Corriere sembra però confuso. Per lui clonazione e riproduzione sono praticamente la stessa cosa. Tanto che si commuove, quasi, per la straordinaria somiglianza dei maialini a quello che lui chiama padre: “Adesso i sei maialini che hanno ereditato dal padre anche una voglia tra gli occhi, saranno tenuti nell’istituto di genetica per essere studiati”.

Ma che importa! Il maiale, in fondo, è il simbolo della voglia della Cina di superare le difficoltà, il resto sono dettagli di irrilevanti: “Prima del terremoto Zhu Jianqiang era stato castrato e non avrebbe potuto più fare figli naturalmente. Nonostante l’età avanzata […] e i diversi traumi sofferti durante i giorni del terremoto, il maiale dalla forte volontà è riuscito a riprodursi”!

la grammatica che favorisce

“Un Tizio salì in cima al Colosseo e gridò: ­– Mi butto? – Non è regolare, – gli fecero osservare i passanti. – Lei doveva metterci il punto esclamativo, non il punto interrogativo. Torni a casa e studi la grammatica.

Qualche volta un errore di grammatica può salvare una vita.”

Gianni Rodari, Favole Minime (ma lo leggo in Prontuario della punteggiatura di Bice Mortara Garavelli)

Ecco, io avrei potuto essere uno di qui passanti. Io quando leggo il giornale. Quando leggo un avviso. Quando leggo l’etichetta dei prodotti. Noto prima le parole e l’aspetto visuale del testo, e poi il resto.

Un esempio in positivo, su un prodotto Euphidra:

“Versare il prodotto direttamente sulla pelle e favorire la schiuma con movimenti circolari della mano”.

Ma quanto mi è piaciuto quel favorire, sotto l’acqua della doccia?

linguaggi: la luna

Il mondo, per coloro, non è un concorso di oggetti nello spazio; è una serie eterogenea di atti indipendenti; è successivo, temporale, non spaziale. Nella congetturale Ursprache di Tlön, da cui procedono gli idiomi e i dialetti “attuali”, non esistono sostantivi; esistono verbi impersonali, qualificati da suffissi (o prefissi) monosillabici con valore avverbiale. Per esempio: non c’è una parola che corrisponda alla nostra parola luna, ma c’è un verbo che sarebbe da noi luneggiare o allunare. Sorse la luna sul fiume si dice hlör u fang axaxaxas mlö, cioè, nell’ordine: verso su (upward) dietro semprefluire luneggiò. (Xul Solar traduce brevemente: hop, dietro perscorrere allunò, Upward, bebjnd the onstreaming, it mooned).
L’anzidetto si riferisce agli idiomi dell’emisfero australe. In quelli dell’emisfero boreale (sulla cui Ursprache l’undicesimo volume dà pochissime indicazioni) la cellula primordiale non è il verbo, ma l’aggettivo monosillabico. Il sostantivo si forma per accumulazione di aggettivi. Non si dice luna: si dice aereo-chiaro sopra scuro-rotondo, o aranciato-tenue-dell’altoceleste, o qualsiasi altro aggregato. In questo caso particolare, la massa degli aggettivi corrisponde a un oggetto reale; ma si tratta, appunto, di un caso particolare. Nella letteratura di questo emisfero (come nell’universo sussistente di Meinong) abbondano gli oggetti ideali, convocati e disciolti in un istante secondo le necessità poetiche.

da Tlon, Uqbar, Orbis Tertius
di J.L. Borges

Milongablitz

Tango clandestino ieri sera, una bolla nella città. Ma non solo. Per un attimo mi sono fermata e mi sono accorta di quello che succedeva intorno a me, dentro di me. Ero sveglia ieri sera, eyes wide open sulla penombra in cui ci muovevamo e sui movimenti del corpo: gambe, cuore, testa.

Ballavamo e sentivo il suo odore, buono. Ho pensato, sono contenta di essere con lui, non ballo più immaginando di essere con te. Ciascuno di questi uomini con cui ballo, ognuno mi dà qualcosa. Ad ognuno maldestramente mi devo adattare, ma certe volte non serve. Non serve perché se mi tieni nel modo giusto e chiudo gli occhi, non ho paura di toccarti, di appoggiare la mia testa alla tua e la mia gamba vola sul serio  intorno, tutta la strada fino ad avvitarsi.
Magia, magia, magia!

Tu, tu e tu. Quanti tu ci sono per ora…

Mi hai scritto baila guapa e io ho bailato, ho guardato, ho sorriso. Ho osservato questo microcosmo raccolto sotto i portici: maestri, venditori, donne dagli occhi neri. Coppie, monogamiche e sociali.

Il ballo: abbracci e odori, qualche volta un’entrata spregiudicata. Non un ballo per femminucce, claro que no. E poi i piedi, i tacchi, il vecchietto sporcaccione che ci guarda e la bottiglia con cui l’hanno cacciato. I sorrisini, i complimenti e le domande che non so più decifrare, ma hai ballato?, gli inviti a farsi invitare, gli sguardi da lontano, gli occhi che si abbassano o no, la tanda rosa, in cui le donne invitano gli uomini.

Certo non c’era la pioggia, chissà com’è sotto la pioggia, sotto i portici, nella città che vibra.

Dopotutto, ieri sera, era ancora una sera di settembre…