il peccato degli altri

Perchè è cosi difficile accettare la realtà del matrimonio? Del matrimonio senza aggettivi che lo neghino? Io credo perchè significa porsi il problema di come ciascuno di noi vive la sua sessualità. Abbiamo rimosso la natura procreativa del sesso. La contraccezione l’ha strappata via come fosse il peduncolo di un frutto, un’appendice che si infiamma.

Dietro il paravento dei diritti degli omosessuali ci sono i nostri peccati, le nostre infedeltà, le nostre perversioni.

Oh my god, ho usato due parole proibite nella stessa frase!

diritti e grazia

Dall’intevista al cardinale Burke in La fede non si decide ai voti di Alessandeo Gnocchi sul Foglio 14 Ottobre 2014:

D. Oggi, la partecipazione all’eucaristia non viene quasi più vista come un atto sacramentale, ma come una pratica sociale. Non significa più comunione con Dio, ma accettazione da parte di una comunità. Non sta qui la radice del problema?

R. È vero, si sta diffondendo sempre di più questa idea protestante. E non vale solo per i divorziati risposati. Si sente spesso dire che, in momenti particolari come la prima comunione, la cresima dei figli o in occasione dei matrimoni, anche i non cattolici possono essere ammessi all’eucaristia. Ma questo, ancora una volta, è contro la fede, è contro la verità stessa dell’eucaristia.

Mi sembra che la questione della comunione ai divorziati risposati, (o più in generale a tuttinoi quando ci troviamo in peccato mortale) sia solo un’altro aspetto della tendenza per cui ogni desiderio diventa diritto. E per cui il rifiuto viene concepito come esclusione. Oggi, ultimo giorno del Sinodo della famiglia, il Corriere titola “Sinodo verso la conclusione «Chiesa non deve escludere nessuno»”. Insinuando che questa sia un’apertura verso “Più sacramenti per tutti”.

Per fortuna andando a leggere il vero Messaggio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18.10.2014 si vede che il senso è completamente diverso. C’è infatti innanzitutto l’annuncio, ovvero il vangelo:

A voi presentiamo le parole di Cristo: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20). Come usava fare durante i suoi percorsi lungo le strade della Terra Santa, entrando nelle case dei villaggi, Gesù continua a passare anche oggi per le vie delle nostre città. Nelle vostre case si sperimentano luci ed ombre, sfide esaltanti, ma talora anche prove drammatiche. L’oscurità si fa ancora più fitta fino a diventare tenebra, quando si insinua nel cuore stesso della famiglia il male e il peccato.

E poi il messaggio rivoluzionario (sic!) secondo il Corriere:

Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno. Siamo perciò grati ai pastori, fedeli e comunità pronti ad accompagnare e a farsi carico delle lacerazioni interiori e sociali delle coppie e delle famiglie.

[…] Il vertice che raccoglie e riassume tutti i fili della comunione con Dio e col prossimo è l’Eucaristia domenicale, quando con tutta la Chiesa la famiglia si siede alla mensa col Signore. Egli si dona a tutti noi, pellegrini nella storia verso la meta dell’incontro ultimo quando «Cristo sarà tutto in tutti» (Col 3,11). Per questo, nella prima tappa del nostro cammino sinodale, abbiamo riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati.

E il messaggio si chiude con la preghiera per tutti noi:

Padre, dona a tutte le famiglie la presenza di sposi forti e saggi, che siano sorgente di una famiglia libera e unita.
Padre, dona ai genitori di avere una casa dove vivere in pace con la loro famiglia.
Padre, dona ai figli di essere segno di fiducia e di speranza e ai giovani il coraggio dell’impegno stabile e fedele.
Padre, dona a tutti di poter guadagnare il pane con le loro mani, di gustare la serenità dello spirito e di tener viva la fiaccola della fede anche nel tempo dell’oscurità.
Padre, dona a noi tutti di veder fiorire una Chiesa sempre più fedele e credibile, una città giusta e umana, un mondo che ami la verità, la giustizia e la misericordia.

Ma la preghiera ha un senso solo se si crede nella grazia. Se si crede che veramente cose straordinarie possano accadere. Come dice Andrea in questa lettera a padre Angelo Bellon:

Caro Padre Angelo,
ho letto con grande interesse e tutto d´un fiato il bell´articolo dei Padri Domenicani a proposito del Sinodo sulla famiglia. Che bella lettura.
Innanzitutto, è stato consolante per me sentirmi in sintonia con quell’articolo, specie quando i Padri fanno, per così dire, l’elogio della grazia. In particolare, poi, due punti mi hanno colpito. Il primo è tipico di chi vive in comunione con Dio e di chi vede il mondo cogli occhi del cielo. Intendo cioè lo stupore che i Padri esprimono a proposito della sfiducia nella grazia di Dio e nel fatto che è possibile vivere castamente. Il secondo punto che mi ha impressionato è il passaggio che culmina con questa frase “il papa Benedetto XVI ha incoraggiato i divorziati risposati a coltivare il desiderio per l’Eucaristia affinché essi potessero conformarsi all’insegnamento di Cristo sul matrimonio, non certo perché si affrancassero da esso”. Ah, come vorrei che tutti leggessero e capissero che la Chiesa non nega la comunione per dispetto, ma perché il peccatore, spronato dal desiderio di tornare nel cuore di Dio, superi sé stesso e ritorni in quella grazia che invocava per vincersi.

semi di santificazione

Un lettore ci chiede aiuto: «La mia ragazza non riesce ad aprirsi alle novità di questo Sinodo»

da Il Timone

C’è un grande equivoco, mi pare. Confondere il bene che c’è in un rapporto con ciò che invece lo distrugge. Ogni rapporto di amore riflette la grazia di Dio, è un percorso di santificazione. Ma non ogni aspetto di un rapporto è santo, buono, sano.

Nella mia esperienza non chiedere quello che volevo, evitare di parlarne persino, per paura di litigare non è stato sano. E mi sono trincerata dietro il pensare che certe proposte fossero irricevibili dall’altra parte. Mi faceva comodo del resto.

La rottura ha portato novità, non la gradualità. Nella rottura ho capito che si ama prima Dio e poi il proprio amato. C’è una gerarchia di senso nella nostra vita.

Ma quanto è duro questo attaccamento alle creature? Per questo serve che qualcuno dall’esterno non smetta di indicarci la Via, la Verità. Che sta al di fuori di noi, al di fuori della nostra coppia. Perchè è una Persona. E qui entra in gioco la gradualità. La vita non cambierà in un giorno, ma qualcosa comincerà a muoversi. Una voce inizierà a interpellarci, dal di dentro stavolta. Per me la voce è stata quella di Maddalena. E tanto altro, certo. Ma tutto comincia con qualcuno che ci mette in discussione.

E mi chiedo, se non sono i sacerdoti a interpellarci, a proporre novità di vita, chi lo può fare? Sono loro, liberi da ogni legame umano, che dovrebbero avere l’onestà di proporre il vangelo a tutti. Cosi com’è.

Per questo mi scandalizza questa risposta del direttore di Avvenire. A quanto pare i ruoli si sono invertiti. Sono le pecore ad indicare la strada ai pastori e i pastori deridono le pecore. E perchè poi? Perchè questa sarebbe la strategia vincente per condurre le coppie al matrimonio? E a che serve? Basta il matrimonio a risolvere tutti i problemi? A coprire tutti gli imbrogli, come dice una canzone sicula? Se non si è casti prima del matrimonio non si è casti neppure nel matrimonio, mi pare.

Mi ricordo di un convegno del Meg di tanti anni fa, in cui qualcuno diceva che la castità non è lo stato dei bambini, ma degli adulti. Sta davanti a noi, non dietro come uno stato di purezza originale e perduto. È una strada su cui camminare. Perchè è fedeltà, controllo di sè, amore fecondo, libertà del cuore.